Mar. 23rd, 2021

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BTS [taegi], scritta per il cowt11 sotto il prompt "litigio".
Ps. Per Cain, che non mi fa sentire sola in quest'ossessione!
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“Non posso più farlo. Non con te.”

Yoongi non si volta nemmeno, continua a guardare con finto interesse la scrivania stipata di roba totalmente inutile, bicchieri di caffè americano ormai risalenti a settimane fa, piccoli souvenirs da tutte le parti del mondo, cataste di fogli che non ha ancora avuto l’audacia di buttare.

Non si è mai ritenuto un tipo incredibilmente coraggioso, Yoongi, nonostante l’immagine che porta sugli stage e davanti alle telecamere – quella del rapper esile, troppo magro all’interno di felpe assurdamente grandi, che sorprende quando digrigna i denti e sputa parole crudeli con una forza che nessuno si aspetterebbe da quel corpo così fragile allo sguardo – e nonostante la presenza di sei altri membri dietro le sue spalle, dove hanno sempre cercato protezione durante meetings particolarmente estenuanti o situazioni snervanti da cui credevano di non riuscire ad uscire – persino Namjoon e Seokjin si fiderebbero di lui ad occhi chiusi, e lo cercano senza timore quando hanno bisogno di un’opinione sfrontata, senza peli sulla lingua, o quando hanno di nuovo problemi con un ambiente che sembra non volerli mai lasciare in pace, che non concede un attimo di respiro. Perché sanno che Yoongi sarà sempre in grado di lottare per tutti loro, non importano le conseguenze.

In questa particolare occasione, però, riesce quasi a sentire il coraggio scivolargli dalle dita, sbiancargli il volto, indebolirgli la voce al punto da dover tossire per un paio di secondi – e non ha il coraggio di sollevare lo sguardo verso l’altra parte dello studio, perché sa che lì troverebbe Taehyung, gli occhi enormi e sconvolti, labbra appena socchiuse. La delusione visibile nel modo in cui il suo corpo sosta in mezzo alla stanza, muscoli tesi appena e, Yoongi lo sa, il pomo d’adamo che trema, nel tentativo di trovare le parole.

“Cosa stai dicendo, hyung?” è quello che alla fine Yoongi riesce a sentire, e la voce di Taehyung è così tenue, completamente diversa da quella a cui è abituato, che ha bisogno di mordersi il labbro per impedirsi di avvicinarsi e prendergli una mano tra le proprie. Non hanno bisogno di questo adesso.

“Esattamente quello che hai sentito. Non possiamo andare avanti a fare– non possiamo andare avanti così. È ridicolo.”

“Non possiamo fare cosa? Hyung. Perché non mi guardi?”

Avrebbe dovuto, prima o poi. Quindi Yoongi lo fa, sposta lo sguardo e Taehyung è lì, proprio davanti a sé, bellissimo nonostante le spalle ricurve e i pugni chiusi, nonostante l’abbigliamento casalingo, le gambe tornite avvolte in un paio di pantaloni della tuta e la maglietta enorme che lo fa sembrare ancora più piccolo di quanto in realtà non sia. Non lo è affatto, non più.

Yoongi fa fatica a pensare che una volta, quasi otto anni fa, la stessa persona che adesso gli è di fronte era solo un ragazzino, braccia lunghe che sbattevano dappertutto e occhi vispi, perennemente alla ricerca di qualcuno da poter abbracciare, qualcuno che gli facesse compagnia e allontanasse la paura, come un cucciolo bisognoso di attenzioni, con quel modo di urlare il nome di tutti anche quand’erano nella stessa stanza e le mani che scorrevano su spalle e ginocchia, davano pacche scherzose in zone improbabili – e Yoongi lo ricorda bene, lo sguardo di Taehyung così pieno di stupore e di angoscia, a cercarlo tra la folla durante il loro primo debutto televisivo, e il modo in cui gli si è sistemato accanto, in silenzio, gli occhi umidi ma la bocca piegata in un sorriso fiducioso, troppo piccolo per il mondo così enorme che gli si staglia davanti. Lo ricorda perché quella fitta al petto, nel guardarlo, non è mai passata, solo affievolita nel momento in cui ha intrecciato le sue dita alle proprie, di nascosto dalle telecamere.

L’ha visto crescere, quel bambino dai modi strani, l’ha visto accucciarsi nell’angolo del bagno la notte, i singhiozzi soffocati dalle maniche delle sue felpe, la nostalgia di casa così straziante da fare male; l’ha visto portare un cuscino in più verso i letti di tutti e infilarsi sotto le coperte per abbracciarli, e solo allora dormire angelico, col calore dei loro corpi addosso e la testa poggiata sui loro petti; l’ha visto cambiare colore di capelli ad ogni stagione, la chioma disordinata da domare ogni mattina davanti allo specchio per poi, quando Yoongi la scombinava per puro dispetto, biascicare “ti odio hyung”,  lo spazzolino in bocca, col sorriso più brillante del mondo nonostante il dentifricio – e Yoongi non gli avrebbe creduto mai, ma lo avrebbe lo stesso imboccato durante il pranzo, per impedirgli di rubare più del necessario dal piatto di Seokjin. E perché quel sorriso che gli scopre tutti i denti, mentre mastica il pollo fritto, è come un balsamo che non ha mai saputo di desiderare, e lenisce la fatica di giorni e giorni passati in sala prove.

Adesso Taehyung è un uomo, ed è splendido. Lo spettacolo dei suoi lineamenti delicati e intensi, la linea sottile della mascella, il colore caldo dei suoi occhi che contrasta con quello sguardo affilato, l’eleganza naturale dei suoi movimenti, il modo in cui si sfiora il collo durante le sessioni fotografiche, in cui avvolge le dita sottili attorno al microfono verde – è da mozzare il fiato, e Yoongi non riesce a toglierselo dalla testa. Non ci è mai riuscito, a dire la verità. E ha l’impressione che sarà ancora più difficile cancellare dalla memoria il modo in cui Taehyung lo sta guardando adesso, tutto labbra serrate e muscoli contratti.

“Mi dispiace, Taehyungie. È stupido. Non avremmo dovuto nemmeno iniziare.”

Il resto è solo un sussurro. “Te ne sei pentito?” gli chiede Taehyung, e c’è abbastanza amarezza in quella domanda quanto terrore, ma continua a non togliergli gli occhi di dosso, come se stesse cercando disperatamente un minimo segno di cedimento da parte di Yoongi. E Yoongi è sicuro che Taehyung non debba neanche guardare così a fondo – il rombo insopportabile del proprio cuore, lo sa, riesce a sentirlo.

Yoongi non può mentirgli, non ci riuscirebbe in ogni caso. Qualsiasi sia questa cosa che hanno negli ultimi tempi – perché non ne hanno mai parlato, non gli hanno mai dato un nome e potrebbe avere qualunque significato, e Yoongi non sa quale temere di più – non è mai stata esattamente uno sbaglio.

Solo la prima volta Yoongi si era convinto che lo fosse, quando Tae si era sporto per baciarlo, sul divano a notte fonda, il respiro che sapeva di soju, e Yoongi gli era andato incontro, per istinto, le labbra ancora bagnate di quella birra costosa che avevano tutti bevuto per festeggiare l’uscita del nuovo album. Le loro bocche si erano scontrate senza grazia, i pensieri annegati nell’alcol e nella promessa di un altro fortunato comeback, e Yoongi non saprebbe dire per quanto tempo siano stati con le dita intrecciate nei capelli dell’altro, i petti uniti, denti che graffiano e lingue che sfiorano, perché quando aveva ripreso conoscenza, il mattino dopo, aveva solo visto Taehyung rannicchiato al suo fianco, il sole tra i ciuffi neri, le labbra ancora rosse e umide e bellissime.

“No, non mi sono pentito.”

E Taehyung lo guarda e quasi ricomincia a splendere, la speranza gli raddrizza la schiena, gli fa distendere le mani sottili per afferrargli il polso, forse, ma Yoongi fa un passo indietro, e vede la luce spegnersi ancora negli occhi di Taehyung.

La seconda volta, in effetti, non poteva di certo considerarsi una svista, o il frutto di una coscienza troppo ubriaca per poter comprendere a pieno – no, era stato niente meno che una sete avida, frustrante, la necessità di sfogarsi dopo giorni di pressioni su concerti impossibili da eseguire e coreografie che nessuno avrebbe mai applaudito: si erano cercati negli spogliatoi vuoti dopo un allenamento, il sudore a bagnare le maglie di entrambi e le gambe tremanti, e Taehyung gli aveva messo le mani sulla nuca, l’aveva attirato a sé e l’aveva baciato, di nuovo, nonostante il sale sulle proprie labbra, e Yoongi l’aveva toccato con una smania inusuale, pelle calda sotto le mani, anni di desideri nascosti e soppressi – perché Taehyung è solo un ragazzino, perché non possiamo mettere a rischio i Bangtan, perché non può approfittare di quest’ammirazione cieca, perché è più grande e dovrebbe essere mentore, dovrebbe prendersi cura di lui, non sporcarlo, non metterlo in pericolo, non illuderlo di qualcosa che non potrebbe mai essere – ma in quel momento Taehyung era davanti a lui e lo voleva, quasi quanto Yoongi lo aveva voluto a sua volta. Si erano persi in movimenti per nulla gentili, nello strofinare e aggrapparsi e stringere e spingere, ma Taehyung non aveva mai smesso di sussurrare il suo nome all’orecchio, con una dolcezza che lo aveva distrutto, pezzo dopo pezzo. Non lo meritava.

“E allora perché? Cos’ho sbagliato?”

La voce di Taehyung trema come tremano le dita di Yoongi mentre tenta di passarle tra i capelli, in un gesto che è più un’abitudine nervosa che un vero bisogno. Vedere Taehyung così – il Taehyung che ha fantasticato di chiamare suo, in questi mesi, nelle notti in cui anche dormire sembrava un’utopia – lo spaventa più di ogni altra cosa, perché è una testimonianza costante di quanto sia indispensabile per lui, vedergli quel sorriso grande sulle labbra anche adesso che è un adulto e non ha più la stessa vivacità di prima – eppure il modo in cui lo fa, il modo in cui sorride, non è cambiato affatto in tutti questi anni, e Yoongi odierebbe essere la ragione per il quale debba nasconderla ancora, quella felicità che gli cambia i tratti e lo rende bambino ancora una volta. Come quando Yoongi l’ha visto all’inizio di tutto.

La terza volta era stato Yoongi a cercarlo, perché era uno di quei periodi in cui Taehyung aveva cominciato a non parlare e a piegarsi in silenzio durante le prove, spiegazzato come carta straccia, passi troppo pesanti per una coreografia leggera – e allora l’aveva aiutato a districare tutti i nodi, nella sua camera, e l’aveva fatto con una tenerezza che non sapeva di avere, baciandogli le palpebre e parlando sottovoce, con la paura sciocca di spezzare questa melodia dei loro corpi vicini, le voci che si mischiano, i loro respiri affannati sul collo dell’altro, e per quella sera non aveva desiderato altro che avere Taehyung per sé, in quella maniera, per tutte le notti in cui il desiderio di stringerlo gli toglie anche il sonno, per tutte le notti che Taehyung ha timore a passare da solo in un letto senza calore, senza il suo Yoongi-hyung a lasciargli la parte morbida del cuscino come quando era ragazzino.

E questi pensieri l’hanno terrorizzato.

“È pericoloso. Per me, per te. Per il gruppo. Lo sai questo.”

“Starò attento hyung, lo prometto! Che male c’è? Perché non va bene se stiamo insieme quando non ci sono le telecamere? Perché–” e qui la sente con chiarezza, la voce di Taehyung che si spezza e anche senza guardarlo sa che ha gli occhi umidi, le lacrime che minacciano di scorrergli silenziose sulle guance scolpite, “–perché dev’essere tutto così difficile?”

E Yoongi vorrebbe dirglielo, che non è mai stato così facile, invece, lasciarsi bruciare nel momento in cui ha scoperto di volerlo senza rimedio, con un’intensità imbarazzante e tremenda, volere i suoi occhi su di sé, la sua voce non più infantile a complimentarlo, voler rimanere al suo fianco ancora per un po’, ancora un altro attimo, volere Taehyung – lo stesso Taehyung che ha cresciuto in tutti questi anni, a cui ha badato cucinando jjajangmyeon a mezzanotte dopo i concerti, che ha lasciato riposare al Genius Lab mentre tentava di lavorare alle tracce del suo primo mixtape, per il quale ha comprato maglioni che potessero coccolarlo come non era concesso fare a lui, e che ha ascoltato cantare fino a non avere nient’altro nelle orecchie, solo il miele della sua voce intensa che gli racconta di amori che non ha mai provato.

Non è mai stato così facile lasciarsi amare e capire che è possibile, amare, anche per lui, nonostante il resto.

E gli fa ribollire il sangue, sapere che non possano continuare a farlo. Perché anche Yoongi la sente, la stessa frustrazione di Taehyung, quella che gli rende le guance umide e gli fa conficcare i denti nel labbro, ed è insopportabile, è ingiusta – perché se fossero in un’altra città, se non ballassero, se non cantassero, se la loro vita non fosse un film per il divertimento degli altri, se non avessero mai avuto un sogno così grande e non avessero lavorato come folli per vincere tutte le battaglie, allora forse, forse, forse ci sarebbe una speranza. Ma non è così, e c’è una rabbia che gli monta molesta nel petto, gli fa alzare la voce, lo fa urlare. Per tutte le cose che ha perso, e che continua a perdere.

“Perché hai idea di cosa succederebbe se ci scoprissero, eh? Tanti altri- amici sono stati sbattuti fuori da tutto questo per molto meno, e cosa farebbero se sapessero che io e te- credi che sarebbero così clementi? Credi che PD-nim sarebbe capace di difenderti?”

Sente di stare digrignando i denti, e per un attimo ha paura di non riuscire a trattenersi, di non poter fare altro che vomitare tutte le sue insicurezze esattamente lì, in quello spazio che c’è tra lui e Taehyung, tutte le ansie e le angosce che l’hanno stretto in una morsa soffocante per così tanti anni, che non gli hanno permesso di accoglierlo tra le braccia tutte le volte che avrebbe desiderato. Ma non lo fa, e invece prende un respiro profondo.

“Come fai ad essere così ingenuo in quest’industria? In questo paese, in questo mondo?”

Lo vede, Taehyung, il viso paonazzo, i capelli corvini che gli cadono davanti agli occhi e mal nascondono le lacrime che gli bagnano le ciglia – umiliato per il solo motivo di credere in troppe favole, credere in una visione della realtà che, inevitabilmente, non è quella esatta. Yoongi sente qualcosa pungergli in gola, al pensiero che Taehyung sia ancora pieno di quell’ingenuità che lo distingueva da bambino, che sia ancora capace di sognare e sperare nel mondo perfetto, che non giudica, non fa prigionieri per amore. Ed è quasi irritante, il modo in cui Taehyung abbia deciso di chiudere gli occhi di fronte a tutti i tabù che ancora sono dolorosamente vivi, abbia deciso di ignorarli e illudersi di poter costruire qualcosa oltre la musica, oltre l’impero a cui hanno lavorato con sangue, sudore e lacrime.

Ma sono entrambi adulti ormai, e non dovrebbe esserci più posto per questi racconti romantici, stupidi e irrealizzabili. Eppure, adesso, a guardare Taehyung e la determinazione con cui rifiuta di andare via, con cui tenta di far funzionare quel che hanno con una disperazione che fa male, Yoongi vede solo tanto coraggio –tutto quel coraggio che a lui è mancato.

“Non m’importa del mondo, Yoongi. Non mi è mai–”

Questa volta Yoongi non riesce a farne a meno: è una forza improvvisa, quella che lo sbilancia in avanti, e in un attimo gli è addosso, il pugno a stringergli la maglietta all’altezza del petto con rabbia, perché non lo sta ascoltando, perché sta facendo finta di non capire, perché sta continuando ad aggrapparsi ad ogni briciolo di speranza e Yoongi ha bisogno di lasciarlo andare. Ha bisogno che Taehyung lo lasci andare.

Strattona Taehyung finché i loro visi non sono a un respiro di distanza, lo fa con prepotenza. E poi grida, sperando di poter sovrastare il battito incessante del suo cuore.

“Importa a me, Taehyung-a! Cazzo! In che modo potrei vivere sapendo che ti ho rovinato? Sapendo che ho rovinato la tua carriera, la tua musica? Perché non lo capisci? Anche dopo i Bangtan, puoi fare così tanto, puoi dare così tanto, e invece– se dovessero sapere, non avrai più niente. E sarò stato io ad averti tolto tutto.”

E a Yoongi non interessa ciò che potrebbe succedere a lui, può rinunciare al rap, può rinunciare alle esibizioni che lo lasciano esausto e soddisfatto, può rinunciare alle parole che non risuonano con le migliaia di demo che ha conservato nel pc, può rinunciare a ciò che lo ha salvato senza chiedere nulla in cambio se non tutto il suo essere – ma Taehyung, no, Taehyung ha una voce così potente da scuotere l’animo, e ha bisogno di cantare, ancora e ancora, ha bisogno di essere ascoltato, di essere il centro del mondo solo per un altro po’, perché tutti possano vedere fin dove è arrivato quel ragazzino che una volta aveva paura di salire sul palco, che ringhiava le sue strofe con timore, perché tutti possano vedere che non esita più, che i suoi passi sono sicuri mentre afferra il microfono, e adesso è in grado di brillare, splendere con tutta la sua luce, il suo cuore in mostra per chiunque voglia fermarsi e ammirarlo.

E Yoongi lo farà. Si prenderà cura di lui, un’ultima volta, come ha sempre fatto.

“Pensi che sia semplice per me, lasciarti andare? Ti sto proteggendo e tu sai solo essere– sei così testardo!”

E questa colpa lo distrugge, lo strazia perché non ha mai pensato quanto potesse fare male, se le cose fossero andate in modo sbagliato – no, ci ha pensato, mentirebbe, ci ha pensato e ci pensa sempre, ma non ha avuto il coraggio di respingerli, mandarli via, questi sentimenti così ingombranti che lo tormentano e lo posseggono, al punto che non ha più altri pensieri, ed è solo un dolore sordo in tutto il corpo, come se non fosse mai stato in grado di contenerli tutti, non quando è Taehyung a farli salire in superficie, e ha scavato e scavato finché non si è stancato di tentare e capire perché, proprio a lui, questo amore così fragile e prezioso, nelle sue mani impacciate. Il proprio sguardo irrequieto a cercare quel sorriso grande, senza una spiegazione.

Ma Yoongi, ad un tratto, non ha più paura di svelare segreti che non ha mai confessato: sente le lacrime scorrere libere sugli zigomi, proprio di fronte al volto di Taehyung, la bocca contratta in una smorfia disperata, la necessità di stringerlo forte, all’improvviso trasparente perché Taehyung possa vederla, la sincerità con cui l’ha amato in tutti questi anni. E Taehyung lo fa, lo accoglie tra le braccia senza pretese, lui e tutte le sue debolezze e tutti i suoi dubbi e quel disastro che ne ha fatto di sé stesso e di tutti i suoi desideri.

“Hyung”, dice solamente, un sussurro sulle sue labbra, “perché lo fai di nuovo? Perché non ti lasci essere felice?”

E poi, vicino fino a sfiorarsi le bocche, “perché non può essere facile come questo?”

Nel momento esatto in cui Taehyung si scioglie su di lui, Yoongi si concede questa finzione. Finge che non ci siano fan, nessuna guardia del corpo, nessuna compagnia multimiliardaria. Yoongi si concede di credere che Taehyung lo stia amando, in questo momento, nell’intimità del suo studio. Che i mormorii e i gemiti che il più giovane rivolge al suo collo abbiano un qualche significato. Se lo concede. Yoongi prenderà quanto può, si è vietato questo amore per così tanto tempo.

Se anche accadesse di nuovo, ne varrebbe la pena.

Se anche lo distruggesse, non potrebbe mai pentirsene. Non se è Taehyung.

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